01/05/10

Giochi di Maggio

C'è una sorta di piovra galleggiante su uno specchio d'acqua che aspetta l'inizio dei Giochi di Maggio. Più o meno come tutte le volte che è stato Maggio, con qualcosa in meno e qualcosa in più, o meglio con meno cose uguali e più cose diverse, poi gira che ti rigira si torna da capo. Alla fine a qualcosa deve servire tutta questa sabbia che scorre, le stelle non stanno a galoppare a vuoto nel firmamento per sentirsi un giorno dire - Beh, dai ragazzi, ora fuori che devo chiudere. - C'è qualcosa in questo tempo che mi sta rendendo simile ad un vampiro, raccontatemi cosa vedete dalla finestra, quando siete fermi al semaforo a cosa pensate, quante volte prendete in mano qualcosa senza sapere a cosa vi serve e quante volte usate la parola AMORE per indicare qualcosa che amore non è. Di voi mi nutro. Io non vedo tutta questa voglia di costruire, ma incontro un sacco di persone che più guardano e meno vogliono vedere, con la stessa espressione di quando si osservano quelle bocce di vetro piene d'acqua che se le si capovolge poi sembra che nevichi. Ma è bello sapere che da qualche parte si sta andando, io accumulo, colleziono, guardo tutto, ascolto tutto e quando arrivo ad un certo punto e penso che si stia andando un po' collettivamente a puttane ascolto ancora, guardo ancora e credo di aver probabilmente ragione. Cazzo, un cerchio di 5 chilometri di diametro è quello che ci spetta e lì dentro bisogna farci stare tutto, poi una volta che ci hai ficcato dentro tutto devi iniziare a pattugliarci intorno per non farti rubare niente e intanto giri sul perimetro esterno e guardi il posto dove vivi, le cose che dici, i tuoi piatti preferiti, le foto delle elementari, certe canzoni che porca puttana son bellissime e dicono un sacco di cose, ma purtroppo non le hai scritte tu e neanche alcuni libri e poi tutta la voglia che avevi di pagare debiti e lavatrici e per ogni volta che ti arriva una carezza già te lo senti dentro che subito dopo ci saranno tre calci in culo ad aspettarti. Ricordo un Natale in cui credevo di avere ricevuto il dono della comprensione e mi son messo d'impegno per disegnarne il ritratto più verosimile. Purtroppo mi sbagliavo, al solito non avevo capito un cazzo di niente.

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