Troppa pioggia, crea confusione, amplifica il disordine, rende instabili e fangosi terreni che prima erano solidi ed asciutti. Troppe parole da dire per condividere solo il fiato, un sacco di volte resta solo il suono sospeso in aria mentre il significato si è già perso molto tempo indietro. In modo fastidioso si presentano i discepoli della Santa Trinità composta dall'interrogativo "ma, e se...?" e cercano ostinati e stupidissimi di uscire da questa tangenziale umida che mi sta trascinando verso la città. Non mi sono ancora deciso a comprare un navigatore, però mi sono scritto su un foglietto il percorso da seguire. Da Corso Grosseto avanti verso il centro evitando la cintura di asteroidi di Orione e lasciandosi sulla destra il sinistro lucore di Betelgeuse. Mi addentro nel ventre della Torino da fumare mentre evito i solito pazzi che qui vanno avanti a colpi di clacson e bestemmie. Mi fermo un paio di volte per chiedere indicazioni, in entrambi i casi trovo gente dell'est che non ha idea di chi io sia, di cosa voglia, del cosa stia chiedendo e del cosa stia infine facendo qui con la macchina carica di custodie dalla forma misteriosa. Butto il foglietto, vado un po' a casaccio ed arrivo proprio di fronte al locale. Rinnovato, a quanto pare, ridipinto, con i manifesti sulle porte e con adesivi appesi dappertutto di altra gente, come noi, che attacca qualcosa che fa rumore alla corrente e poi glielo fa fare. Alla fine dei conti non è una cosa che abbia molto significato: non fa bene alla salute, nemmeno a quella degli altri, è una cosa che ti porta a bere e fumare più del normale, a rientrare a casa al mattino tardi, stanco e con le orecchie che fischiano. Ma abbiamo deciso di farla lo stesso, così inizia l'iter del pre-concerto, il montaggio, il soundcheck, la pre-birra, la pre-noia, la pre-vita che sembra sempre arrivi ad un evento grandioso ed inaspettato e invece gira intorno come un cane che cerca di acchiapparsi una coda mozza. Tutto è disposto come nella realtà, io su un palchetto di legno traballante, Simone alla mia sinistra, Luca alla mia destra e Andrea davanti, subito oltre allo splash che tengo all'altezza della faccia per non venire mai intero nelle fotografie. E più in là una fetta di impavido pubblico che, incurante del volume assordante, ha deciso di pagare le consumazioni un euro in più pur di essere vicino a noi. A vederli bene, quando la macchina del fumo che anche stavolta è impazzita me lo permette, han tutti un palchetto di legno traballante sotto i piedi, con qualcuno davanti o qualcuno di fianco e guai a muoversi da lì. Tutti incolonnati nel posto che ci è stato assegnato, sempre in equilibrio. Il primo suono che emetto lo dà la punta della mia bacchetta destra sul charleston saldamente chiuso, serve a dare il tempo ad Andrea per iniziare il concerto con un introduzione di sedici battute di tastiera prima che iniziamo tutti quanti insieme. E poi si parte, anche questa volta. E poi si suona anche questa volta. E anche questa volta, nelle prime ore del mattino, salutiamo i presenti e ricominciamo a portare pezzi di musica su per la scala scivolosa, oltre i marciapiedi bagnati, fino ai bauli delle rispettive auto. David Bowie quanto basta per il ritorno e più nessuna stella che indichi il nord.
Ho saltato un muro con fatica questa sera e quando sono atterrato sfinito e sanguinante dall'altra parte ho visto che le cose erano identiche a quelle che ho lasciato da questa.
26/04/09
24 Aprile 2009 Concerto a Torino
Pubblicato da
M@uz
alle
13:23
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
un'altra partita da considerare vinta? : )
No, solo altre nove ore di vita perse e altri chilometri di asfalto bagnato. Non far finta di non saperlo, sono anni che non vinco una partita. E a pensarci bene mi basterebbe anche solo un pareggio.
vinta o persa, la serata/nottata è stata Vostra
Posta un commento