Chissenefrega se i circuiti sono per metà andati, c'è ancora carburante qui dentro per qualche volo. Non si sa bene quanti, maledizione, l'addetto ai serbatoi è di nuovo ubriaco e non c'è modo di chiederglielo, ma accidenti, certi giorni il cielo è più invitante di un'autostrada dritta e tesa. Un blu profondo come gli occhi di un diavolo, dà un po' fastidio esserci addirittura sparati contro. Ma io voglio vedere le finestre, in quei secondi del lancio, prima di uscire dall'atmosfera le si vede, milioni, miliardi di finestre accese. E facce dentro al quadrato di luce disegnato dalla telaio, qualcuna aspetta qualcosa, guardando in sù, con i gomiti poggiati sul davanzale, altre infastidite dalla mia curiosità si ritraggono e tirano le tende o chiudono le persiane. La maggior parte di loro non si accorge di niente e continua a fumare, a litigare, a dare da mangiare ai pappagallini come se niente fosse. Li vedo tutti, vedo gli spezzoni del loro quotidiano, un brandello di divano, un orologio a cucù, la foto di un figlio lontano. Tutti disperatamente fratelli, anche chi è contento si dispera. La Terra è un luogo molto triste dove vivere. E finalmente in alto, in mezzo alle stelle, che tutti credono pianetini o pianeti enormi ed invece non è vero perchè sono piccolissime e le si può spostare soffiandoci su, posso finalmente lanciare i miei segnali radio. Non significano molto, qualcuno raggiunge l'obiettivo, qualcuno lo prende di striscio, altri si posano a terra senza che nessuno li senta e dopo qualche minuto scompaiono. Alcune volte li mando a voi ed invece dovrei mandarli a me, quando parlo con voi invece intendo che sto parlando proprio con ciascuno di voi, non con un gruppo di persone tutte uguali. Insomma, è bello stare quassù a guardare le finestre illuminate, il senso è questo, anche se spesso poi si desidera non averlo fatto. E quando gli astronauti tornano sulla Terra si fanno sempre delle grandissime feste, piene di aperitivi e bicchieri, con i fuochi d'artificio ed i vicini di casa riconoscenti. I giornali impazziscono mentre le orchestre dixie si danno da fare e la gente sente che tutti gli astronauti hanno una
risata chiassosa, sarà, pensano fra sè e sè, perchè sono abituati a stare così tanto tempo in totale silenzio e dopo un po' non lo sopportano più.
Nello spazio esterno invece tutti sanno che non c'è niente di più silenzioso degli astronauti, quando piangono.
24/02/09
Ground Control to Major Tom...
Pubblicato da
M@uz
alle
19:11
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2 commenti:
sei tu quell'astronauta?
sei scomparso così...
Sì, lo so e mi spiace, sono state complici l'assenza di stimoli e la contemporanea morte del mio PC. Ma ora sto ritornando... Quanto agli astronauti, certo, l'astronauta sono io. Ma lo sei anche tu. E ogni tanto lo sono anche gli altri...
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