08/08/07

Lutece.

Eccomi qui, le valigie ancora da disfare nel corridoio, un senso di inadeguatezza spossante ed il solito mondo che mi circonda. Le vacanze, intese come attimi di distacco dal quotidiano, sono terminate ieri in tarda serata, quando (per la serie -portiamo a spasso la mia bella panciona in giro per l'Europa-) sono rientrato da Parigi dopo un viaggio che sembrava non finire mai. E ora sono qui in questa mattina con addosso ancora i frammenti di immagine della capitale francese, qualcosa in più e qualcosa in meno di prima. Strana Parigi. E' una giornata di nuvole, Parigi. Gentili i francesi, nonostante l'idea che mi ero fatta in diverse circostanze, non credevo, si fanno i fatti loro, ma se hai bisogno di qualcosa o di un' informazione ti aiutano. Insomma, non posso dire di conoscere questa città fino in fondo, ci sono stato poco, ma l'impressione è che non sia una città a tinte forti, è tutto un mondo di tenui contrasti. Di giorno i suonatori di musetta nei metrò, gli omini con le baguette che corrono a casa, i ritrattisti ed i bistrot. Di notte gruppi di gente di colore che prendono il sopravvento (la mia solita fortuna mi ha fatto soggiornare in un quartiere etnico) brava gente, credo e spero, ma quando ci passi davanti ti vengono più braccia della dea Kalì per controllare meglio se i tuoi effetti personali non siano diventati effettivamente personalmente di qualcun altro. E poi bisboccia all night long e sirene della polizia avanti ed indietro. Al mattino tutto in regola, nessun segno di lotta, solo qualche lattina di Amstel vuota a terra e Parigi che cammina di nuovo. La città da sempre è modello di integrazione razziale, persino la musica è fortemente contaminata dalle nuove influenze etniche e la fisarmonica viaggia di pari passo con lo djembè. Ma non so se davvero sia integrazione o solo sopportazione reciproca, se queste due culture si siano realmente fuse in un'armonia ideologica e spirituale o se siano solo finite entrambe nella stessa pentola a pressione e che quella pentola sta per arrivare al limite della capacità di contenimento. Certo è che qui, a differenza che da noi, le persone di colore fanno anche altri lavori, oltre alla manovalanza, ho visto gendarmi, uscieri di hotel, autisti di pullman e metrò, commessi. Forse l'integrazione parte con le pari opportunità, poi i quartieracci esisteranno comunque sempre, a prescindere. E sono strani gli abitanti di Parigi, sembrano molli, moscetti, tiepidini, come una zuppa di cipolle in un bar. Invece Parigi è la sua stessa celebrazione: tutto è trionfale, tutto è pomposo ed imperiale, ad ogni angolo ci sono chiese, templi, mausolei, colonne e ovunque spuntano marmi e monumenti di personaggi incazzati neri, ovunque ci sono elmi, piedi alati, robe appuntite che roteano nell'aere come monito agli abitanti dei quartieracci infami del tipo: " Fate pure un po' come vi pare, ma guardate che se ci smarronate come si deve tiriamo di nuovo fuori le ossa di Napoleone e di De Gaulle e con quelle vi sfracelliamo la schiena, guardate un po' in quest'affresco cosa ha fatto Sansone con i Filistei...". Tutto è guerra, commemorazione persino la città stessa che la notte, per via dei suoi lampioni rigorosamente arancioni, è coperta da un cielo rossastro, sì che pare ancora sotto i bombardamenti. Questo è quello che mi è rimasto incastrato fra le dita, tutte le cose che si vogliono fare vedere ai turisti e per i quali la città si è ingegnata in un modo assolutamente impeccabile. Ma se guardo bene oltre le luci arancioni c'è dell'altro, c'è un'Europa unita sulla carta e da una moneta, ma vedo modi diversi di vivere, di pensare, di integrarsi, di parlare. Vedo uno Stato celebrare la vittoria su un'altro Stato della stessa Unione con il quale in nome dell'economia si sforza ora di andare d'accordo, vedo diversità e questo può significare solo due cose. Nel primo caso impariamo a convivere, arricchiamo i punti di vista e ci sopportiamo. Nel secondo caso siamo anche noi in una pentola a pressione. Se volessimo far parte del primo caso sarebbe meglio imparare a ricordare senza provocazione e a seppellire le armi appuntite.

1 commento:

Anonimo ha detto...

l'unica volta che sono uscito dall'italia è stato per una manifestazione no tav a chambery
per l'italia piglio il treno da solo per andare fino a bologna, genova e posti simili per concerti...

perplessità ad oltranza senza fine