04/06/07

02 Giugno 2007 Concerto a Brosso

La gente vuole vedere. Poi magari non capisce, o è solo l'ennesimo lanciare una sfida verso nuovi orizzonti, però vuole vedere. Ecco perchè giovedì scorso un sacco di persone hanno voluto vedere le po-veline che si esibivano in zona. Fosse arrivato un carrozzone di freaks avrebbero voluto vedere lo stesso. Differenze fra le po-veline e la donna barbuta concettualmente non ce ne sono: entrambe esibiscono qualcosa che appartiene a loro e che la gente vuole vedere. A volte la donna barbuta era un trucco ingegnoso, il pelame era posticcio, non era roba sua. Per quanto riguarda alcuni attributi di altrettante soubrettes il discorso non cambia. Roba posticcia, silicone non loro. Quindi se il gruppo fallisce rimettiamo su un circo freaks, non maltrattiamo nemmeno gli animali, con buona pace della L.A.V. e di Greenpeace, siamo dei pozzi di cuore. Sorprendente come si diventi acidi quando si cerca un motivo per cui la gente preferisce andare altrove piuttosto che venire a sentirci, diavolo, magari domani mi piomba addosso un frigorifero dal quarto piano e non mi sentirete più. Cazzi vostri. Ma torniamo a noi, dopo il concerto psicologicamente distruttivo di giovedì abbiamo inspirato profondamente questa estate che non vuole arrivare e ci siamo preparati a rimediare alla figuraccia sfornando un concerto come si deve in quel di Brosso. Per chi non sapesse dove si trova Brosso posso solo dire: pigliate la strada delle Valchiusella e iniziate a salire, svoltate, fate curve continuamente, infilatevi in strette strade circondate da vegetazione rigogliosa, quando arrivate ad un bivio prendetelo e ad un certo punto, quando sarete stanchi, fermatevi nella prima piazza che trovate, al riparo di una chiesa. A sinistra c'è una birreria e dentro, ogni tanto, ci siamo noi. Siete arrivati a Brosso. La serata è torva, anzi, un vero schifo, piove e fa freddo anche in pianura, figuriamoci in valle. L'idea di suonare all'aperto deve essere revisionata. E cosa non può mancare in questa sera nel verdeggiante Canavese, di solito profondamente addormentato tutto l'anno? Tre, ben tre alternative alla nostra serata che ci fanno concorrenza: per i giovini amanti del rock italico un concerto gratis di Piero Pelù in piazza ad Ivrea (eccellente se non si è a conoscenza di una band di qualche anno addietro nomata Litfiba che ha sfornato tre capolavori, a mio avviso, come "Desaparecido", "17 Re" e "3" prima di abbandonare l'interessante discorso che aveva abbozzato perdendosi nei meandri di una canzonetta italiana senza troppe novità) una festa di piazza nell'accogliente Chiaverano ed una rievocazione storica, alla quale io stesso ho partecipato con folle entusiasmo per una decina di anni o giù di lì, nel suggestivo borgo medievale di Pavone. Freddo, pioggia, feste, pieropelù, mi sa che stavolta non si batte chiodo. Parte la sequenza degli SMS da inviare tentando di smuovere quanti più singoli gruppi di amici possibile. Alcuni, fedelissimi, acconsentono a rischiare di finire fuori strada pur di venirci a sentire. L'accoglienza di Christian anche questa volta è eccezionale, gran cena preconcerto (di quelle che se la serata va male basta una stretta di mano come compenso e siamo a posto così) e poi qualcuno che timidamente si affaccia. Il locale è piccolo, bisogna fare attenzione a curare bene le sonorità o si rischia di fustigare i martelletti, le chiocciole ed i timpani agli astanti. Due brani come sound-check, quelli che proviamo di solito, il tempo di un caffè e si parte. Nonostante la paura dei fischi, la voglia di ripresa da parte di tutti è grande, ognuno sta cercando di dimostrare qualcosa, cioè che una parentesi nera può succedere, anche dal vivo, due invece diventano preoccupanti. I primi pezzi vanno via in scioltezza, legati e fluidi, riproviamo un brano dei Survivor che due settimane fa abbiamo lacerato miseramente, anche questa volta c'è un po' di incertezza alla fine, ma interviene Fabio a risolvere la situazione alle ultime battute del brano con un assolo veramente memorabile, credo il migliore della serata. Raramente ascolto con attenzione cosa suonano gli altri, devo pensare ai miei di moduli e ce n'è già abbastanza, ma questa volta ho proprio sentito l'attacco cattivo che veniva avanti come una locomotiva e non ho potuto fare a meno di pensare "Siamo salvi!". Cose così succedono solo se hai gente brava intorno e stai suonando insieme da un po', ecco cosa fa la differenza. Intanto il locale chissà come si è riempito, c'è partecipazione, qualcuno butta in aria un palloncino ed è festa. Durante l'esecuzione di un brano piuttosto ostico veniamo distolti dalla scena di un ubriaco che sembra molesto e finisce invece con lo stramazzare al suolo sbatacchiando il testone un po' ovunque. Qualche decina di minuti dopo, alle nostre luci colorate si aggiungono anche le giroscopiche dell'ambulanza che qualcuno ha chiamato vedendolo cantare in piazza sotto la pioggia (con Fred Astaire non l'avrebbero mai fatto...). A mezzanotte la scaletta è terminata, ma c'è ancora gente e a noi non piace risuonare due volte lo stesso brano, a meno che proprio non ce lo chiedano. Allora andiamo avanti con altro materiale, due amici vengono a fare una jam con noi: Elena (che oltre ad essere un'ugola d'oro è anche webmaster del nostro sito ufficiale) ci delizia con le sue versioni di "Hard to handle" dei Black Crowes e con "Let it be" dei... Ma che ve lo dico a fare, insomma, anche i sassi sanno chi ha scritto "Let it be". Altra imponente presenza in scena ce la regala Sergio (voce dei No Class) che da buon Harleysta non può che interpretare in modo molto Motorheadiano "Born to be wild" (Steppenwolf). Ancora qualche brano e poi si chiude, atterraggio soft con i brani che usiamo da qualche concerto per chiudere ("Behind blue eyes" degli Who nella versione dei Limp Bizkit e l'eterna "One" degli U2). Riparte il rito dello smontaggio, ma questa volta è diverso. Pare che siamo soddisfatti, la parentesi nera, almeno per stavolta, è chiusa, c'è ancora un senso nel fare quello che facciamo. E sembra che sia questo senso la cosa che che vogliamo continuare a trovare. E' lo stesso senso che si rincorre quando hai la macchina piena di cavi e microfoni e aste e pezzi di cose che vanno montati con altri pezzi ed altri pezzi ancora e da tutti quei pezzi alla fine esce qualcosa che sembra musica, hai le orecchie con dentro un favo di vespe, le braccia di un apprendista che ha impastato pagnotte per tutto un villaggio e il caldo dell'ultimo brano ancora sulle guance. Non sei a Brixton e nemmeno al Greenwich Village, stai scendendo da una collina, da un posto che forse non c'è nemmeno sull' atlante, sei quasi sicuro che neanche il tuo nome sarà mai scritto da qualche parte. Ma è l'unica cosa che sai fare. Allora falla.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

espugnate tutti locali vedo :D
un giorno finirete al milù!
ahahahahah
O ALLO SHOCK!!

M@uz ha detto...

Ma certo, perchè no? Detto fra noi, siamo un poco puttanelle, se ci carichi di birra e di euri possiamo suonare ovunque tu voglia... Anche al Milù !!!

Anonimo ha detto...

Scrivi sempre divinamente bene...
Un giorno verrò anche ad ascoltarvi, ma che ne dici se prima mi regali la vs. maglietta?!?
potremmo mettere su un concerto con concorso miss maglietta...
ricordi gressoneyani...
chi sono?!?!

M@uz ha detto...

Grazie, scrivo divinamente perchè ho una mente divina (basta così conl'incenso, grazie, ora mi serve della mirra...). Forse che sì forse che no, so chi sei, ti aspettiamo a sentirci prima o poi allora, per la maglietta in dono chiedo al nostro cassiere-economo, ma temo sarà difficile: quasi cercava di venderla anche a me !!!